L'arte della levatrice
Ho sempre ammirato il metodo socratico, l'utilizzo del dialogo per portare alla luce i pensieri originali dell'interlocutore. Perché alla base c'è il rispetto dell'interlocutore stesso e dei suoi tempi.
Considero la terapia fisica una sorta di dialogo socratico.
Così stamattina durante la sessione di fisioterapia, la consueta domanda: "Come stai?" a cui è seguita la consueta, ma forse adesso direi automatica risposta: "Bene!"
Poi però mentre venivo sottoposta alle mani del mio angelo fisioterapista, sono venuti a galla una serie di punti annodati, di chiusure posturali, che negli anni ho imparato a collegare ad emozioni, circostanze, ma che oggi non riuscivo a spiegarmi.
La seconda cosa importante che ho imparato in questi anni, è che individuato un blocco, un problema, dovevo limitarmi ad osservare non giudicando(mi). Questa è una cosa dura davvero. Impegnarsi nella ripetizione dei movimenti senza pensare alle evidenti imperfezioni e limitazioni. E' dura, ma funziona. Ti permette di imparare di nuovo a fare come se fosse la prima volta.
La terza cosa è che impegnata solo da un punto di vista meccanico, hai spazio nella mente per scavare su che cosa ti ha portato a serrare oltremodo la mascella, a portare in avanti il grugno, a coprire con la spalla sinistra in avanti a protezione del lato destro. Questa è la parte che io chiamo psicoterapia.
Tutti questi passaggi ti portano a rispondere con cognizione alla domanda iniziale. "Come stai"?
"Non come dovrei essere, ma riesco a lavorarci su, quindi potrò stare meglio di quando ho cominciato".
Consapevolezza. Confutazione di quella Consapevolezza. Vera Consapevolezza.
Considero la terapia fisica una sorta di dialogo socratico.
Così stamattina durante la sessione di fisioterapia, la consueta domanda: "Come stai?" a cui è seguita la consueta, ma forse adesso direi automatica risposta: "Bene!"
Poi però mentre venivo sottoposta alle mani del mio angelo fisioterapista, sono venuti a galla una serie di punti annodati, di chiusure posturali, che negli anni ho imparato a collegare ad emozioni, circostanze, ma che oggi non riuscivo a spiegarmi.
La seconda cosa importante che ho imparato in questi anni, è che individuato un blocco, un problema, dovevo limitarmi ad osservare non giudicando(mi). Questa è una cosa dura davvero. Impegnarsi nella ripetizione dei movimenti senza pensare alle evidenti imperfezioni e limitazioni. E' dura, ma funziona. Ti permette di imparare di nuovo a fare come se fosse la prima volta.
La terza cosa è che impegnata solo da un punto di vista meccanico, hai spazio nella mente per scavare su che cosa ti ha portato a serrare oltremodo la mascella, a portare in avanti il grugno, a coprire con la spalla sinistra in avanti a protezione del lato destro. Questa è la parte che io chiamo psicoterapia.
Tutti questi passaggi ti portano a rispondere con cognizione alla domanda iniziale. "Come stai"?
"Non come dovrei essere, ma riesco a lavorarci su, quindi potrò stare meglio di quando ho cominciato".
Consapevolezza. Confutazione di quella Consapevolezza. Vera Consapevolezza.
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